Questo è Hemingway.

Stai tranquilla non è niente è solo vita che entra dentro. Il fuoco che ti brucia il sangue, quella è l’anima. Può anche non piacerti il mondo o forse a lui non piaci te. Comunque questa è un’altra storia. Questo è Hemingway.


C’è stato un periodo che questa canzone dei Negrita mi faceva piangere. Mi ricordo che stava fissa in macchina. E io guidavo, fumavo e piangevo. Contemporaneamente.

Ero stata a Barcellona con un amico. Che amico non era. Ma solo per me. E al ritorno lui si era fidanzato con un’altra. E io mi ero finta anche felice per lui. Da brava amica. Da adulta.

Sono cose che succedono a tutti. Prima o poi. Io li chiamo momenti sbagliati perché non sei tu ad avere qualcosa che non va, è solo il momento ad essere sbagliato. In fondo, ero cosciente che, anche se solo per poco, anche io ero stata qualcosa. Che non è amore, non è amicizia, non è sesso. Ma magari è una canzone.

Ad ogni modo, era vita che entra dentro. Si era vita. Perché la vita è anche questo. Una canzone che ti scorre nelle vene e, a distanza di anni, ti fa ricordare quel momento. 

E oggi posso ascoltarla sorridendo perché guardo mio figlio e penso che nessun uomo potrà mai ferirmi. Se non lui. 

E, sorridendo, penso che tutto sia vita, anche se ci fa piangere. Tutto è vita finché avremo ancora voglia di rialzarci. Di vivere ancora. 

Allora la voglio questa vita che mi scorre nelle vene.

Sfoga la tua rabbia nella rabbia dell’oceano. Forse c’è una spiaggia dietro a un’altra pagina.

Nicolino contro tutti!


Non abbiamo proprio deciso di fare un figlio. Lo volevamo ovvio. Ma è stato qualcosa tipo “si dai, proviamoci”. E, come la coppia più banale del mondo, ci abbiamo provato in viaggio di nozze. Ovviamente dopo due virus intestinali messicani, non rimasi minimamente incinta.

La delusione era tanta. Non per il bambino in se. Era più che altro il terrore di non poterci rimanere. Anni e anni a snobbare bambini. Tante persone che non ci riescono. Insomma avevo paura. 

Poi, il mese dopo, con appena due giorni di ritardo, mi alzo e so che qualcosa è diverso. Non ne sono sicura al 100% perché la sera prima eravamo usciti e avevamo bevuto. E fumato. E forse era solo un effetto del giorno dopo.

“Romeo vai a comprare il test. Subito.” Mi sentivo già in colpa per la sera precedente. Faccio il test è nell’attesa decidiamo di fumarci l’eventuale ultima sigaretta. A metà non resisto e la spengo. Romeo torna con il test e…

Sei incinta da 2-3 settimane.

Immediatamente penso a tutte le sigarette fumate. Poi alle birre. Alla spesa portata a mano. Alle corse. A tutto. Si è aggrappato alla vita. Si è aggrappato a me. A noi. 

Poi ci guardiamo negli occhi e “Ma che cavolo abbiamo fatto”? Ora è fatta. Non si torna indietro. 

La prima sensazione non è stata gioia pura. Ammetto. E non mi sento in colpa perché, a volte, le persone devo arrivarci piano piano alle cose. E io ho dovuto viverlo giorno dopo giorno.

Ma oggi Nicolino è qui. E io sono la persona più felice del mondo.

E adesso?

Un giorno, ormai tanto tempo fa, ho smesso di scrivere. Ho dato la colpa alla mancanza di tempo tra lavoro e la storia che stava iniziando tra me e mio marito. Poi un giorno, un amico e fan del blog, mi ha detto che secondo lui, semplicemente, sono una persona che dà il meglio quando soffre. O meglio, quando è alla ricerca di qualcosa. Ed effettivamente, rileggendomi, quello che cercavo era l’amore.

In questo momento sto scrivendo dal mio iPhone mentre allatto. Allatto si. Capito!? Un tempo scrivevo dalla mia camera, nel mio appartamento in condivisione, mentre fumavo e ascoltavo musica malinconica. Ora, invece, ho un nanetto attaccato al seno e scrivo.

Ho cambiato troppe cose in questi anni che annoierei anche me stessa se dovessi scriverle. Diciamo che sono diventata donna. Donna che è caduta, si è rialzata, ha corso e anche riposato. Ho rallentato il passo più volte e ho urlato. Ho sparato sentenze e ho chiesto scusa tantissime volte. E sono diventata donna.

Un giorno mi sono trovata davanti a quello che avevo sempre sognato: un grande ufficio, un grande ruolo, una grande azienda e, soprattutto, una grande trasferta. E ho scelto di diventare donna. Ho scelto per una volta la mia vita e non il mio ego. Ed eccomi qui. Caduta, rialzata e di nuovo in careggiata. Anche con il nano al seno. 

Credo di avere molto da dire ancora, pur essendo felice. Ora posso lamentarmi e ironizzare su pannolini e vita da mamma. Posso ridere di questo mondo fatto di mamme invasate e mamme fuori di testa. Insomma, il blog,il mio amato blog, mi aiuterà a non annoiarmi mentre allatto. 

Ciao per sempre.

“Dipende tutto dal modo in cui guardi le cose.”

— Paulo Coelho

E’ passato un anno dall’ultima volta che ho scritto.
Un anno pieno di avvenimenti. Emozioni. Sensazioni. Sorrisi. Bronci.

E’ passato un anno eppure mi sento sempre la stessa.
Anzi mi sento la stessa del primo post su questo blog.
Eppure ne è passata di acqua sotto i ponti. Eh già.

Sono diventata Signora. Nel senso che proprio mi sono sposata.
Eppure continuo a pianificare viaggi. Weekend. Sogno feste in spiaggia da ballare, canzoni da cantare a squarciagola ad un concerto, pezzi da ballare insieme ai subsonica, cibi da gustare, piatti da cucinare, … Insomma. Sempre quella, appunto.

E’ strano sentirsi sempre uguali ma vedersi grandi.
Guardo i miei nuovi colleghi. 19 anni. Diciannoveanni.
Hai voglia di sognare. Puoi essere ancora tutto.

Una vita intera per essere ciò che vuoi.
E noi una vita intera per godere di ciò che siamo diventati.

Chi ci verrà a salvare?

“Hai presente quando la sabbia scotta, ma tu te ne freghi perchè tanto sai che stai correndo verso il mare? Ecco bisognerebbe vivere così.”

— (via letteredisguardi)

Bisognerebbe vivere così. Ecco.
Invece mi sembra di correre sui carboni ardenti senza riuscire a trovare la via di fuga.
Nessuno verrà a salvarmi. E non riesco a salvarmi da sola.
Domani finalmente saprò quale sarà il mio destino lavorativo. Domani.
Domani metterò un punto – nel male o nel bene. Un punto a cui voglio aggrapparmi per andare avanti.
Mi hanno detto spesso che la vita è fatta di compromessi.
Ma nessuno ti dice come poter sopravvivere quando le cose hai compromesso vanno alla deriva. Nessuno ti dice come puoi fare ad esserci senza esserci. Non puoi dividerti in due. Non puoi avere giorni di 30 ore. Non puoi. Anche se lo vuoi più di ogni altra cosa.

A cosa serve essere creativi e bravi in quello che si fa, se si deve rinunciare a se stessi? A fare altri compromessi? Vivere a metà?
La vita non è forse fatta di momenti? O forse devo credere che la vita è fatta di ruoli e ambizioni?
Non è forse meglio vivere i sorrisi degli amici? Cantare, ridere e urlare? Non è meglio passare del tempo con i genitori invece di farli pranzare da soli? Veder crescere i figli degli amici dal vivo e non in foto? Oppure abbracciare una nonna prima che si scorsi di te? Non è meglio stare vicini alle persone che hanno di bisogno di te?

Non lo so. Ho già rinunciato a tanto.
E mi chiedo se posso ancora farlo. Forse potrei essere felice con meno.

Domani saprò.

Sto bene.

“L’ultima volta che ti ho salutato, poi sono scappato in un cesso del bar ed ho pianto sul tempo che fugge e su ciò che rimane.”— Le rane, Baustelle

Ieri qualcuno mi ha scritto che almeno una volta all’anno scrivevo.
E’ vero. Non ci pensavo ma è passato un anno.
E, ammetto, che la cosa mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Non so cosa sia cambiato, effettivamente.
Un mio amico -un mio carissimo amico- che ha sempre letto il mio blog, mi ha detto che quando uno sta bene ed è felice, è normale che non abbia nulla da dire. Ma poi, qualche giorno fa, ho letto che l’ispirazione nasce sempre da un’emozione. Un’emozione.
Di emozioni ne provo tante.

Oggi vivo a Parma in un bellissimo bilocale di 50mq senza balcone.
Viviamo io, il mio compagno e -ogni tanto- lo stendino. Si perchè -credetemi- in un bilocale senza balcone, lo stendino diventa una presenza. Durante le decisioni importanti, mi sento quasi di interpellarlo.
Abbiamo una TV, una pc portatile, una discreta cantina che fatica a mantenersi fornita, un cesto della frutta sempre pieno sul tavolo, un piccolo armadio a 4 ante in due (che un tempo non bastavano nemmeno per me) e una cantina piena di vecchi mobili del mio compagno. Quei mobili che solo gli uomini riescono a comprare. Quelli che vedi nei negozi tipo Mercatone e che tutti si chiedono ‘ma che razza di casa avrà chi si compra questa roba’? Ecco. La casa di un uomo ex single. Ora questa casa è arredata con gusto (mio) e piena di tutte quelle cose inutili che solo noi donne riusciamo a comprare. Come cuoricini di vimini, piantine finte e lavagnette con frasi strappa-lacrime.
Un tempo vestivo camiche scozzesi, felpe e scarpe Vans. Oggi possiedo ben 4 camice (regalate da lui), due jeans aderenti, un paio di scarpe eleganti e anche un piumino super sottile. Il mio compagno, invece, mangia pasti regolari a base di verdura, zuppe e simpatizza per la raccolta differenziata. Anche se ancora non lo ammette.
Dicono che a stare insieme si diventa simili. E forse è vero.
Però qualcosa rimane. Qualcosa di tuo.
Fra 20 giorni prenderemo un aereo direzione Fuerteventura. Macchina a noleggio e base in Costa Calma. Alla grande scoperta del sud. Convincere un gran amante del voglio-la-vacanza-all-inclusive per un viaggio del genere, è stato semplice: il prezzo.Fino a 6 mesi fa circa, eravamo anche quasi proprietari di un bellissimo trilocale di edilizia convenzionata. Eh si. Stavamo per fare il grande passo. Avevamo anche preso 23mila euro dalla Regione Emilia Romagna per il bando delle giovani coppie. Ma è tutto saltato. Per la regione, la nostra casa è idonea per viverci -anche- in 3 persone. Quindi, il giorno del mio compleanno, siamo andati a firmare la disdetta e abbiamo invitato il nostro intermediatore a trasferirsi da a noi. Tanto c’è spazio. Ma ha rifiutato. Probabilmente per colpa dello stendino.
E oggi siamo qui. In attesa delle vacanze (rimandate per la casa) e della risposta sul mio futuro lavorativo.
Lavoro ancora come grafica-webdesign per quella famosa multinazionale d’arredamento. E, a breve, non lavorerò più sotto Parma ma direttamente per la sede centrale. Se mi prendono, si intende. Questa fase di transazione-mista-attesa mi sta veramente attraversando come un treno italo sulla linea dell’alta velocità. Ci sono giorni che non mi ricordo nemmeno che strada ho fatto per tornare a casa. Giorni in cui vorrei solo ridere. Altri solo piangere. Ho incubi tutte le notti. E ho perso un altro chilo.
Che poi, in questi due anni-quasi tre, ho perso circa 14 chili. Chi proclama l’anoressia, chi l’amore, chi qualsiasi-cosa. Non lo so. Ho perso 14 chili e sto bene. Non ho fatto diete con la bilancia sottobraccio. Non ho eliminato carboidrati o letto un libro sulla Dukan.

Sto bene.

Ho mille idee che mi frullano per la testa.
Ho mille cose che voglio fare.
E ho voglia di farlo.

ps. sono tornata al mio colore originale.

Il giorno nuovo

Fu una bastonata dura per me. Ma poi, che farci? Continuai la mia strada, in mezzo alle trasformazioni del mondo, anch’io trasformandomi.” — Italo Calvino

C’è il sole oggi.
Mi sono svegliata con una gran voglia di primavera.
Si, primavera. Voglio abiti colorati. Voglio farmi i capelli. Curarmi le unghie. Rifare il letto. Uscire e ingoiare avidamente questo profumo di primavera. Di cambiamento. Si. Oggi è il giorno del cambiamento. Quei giorni che ti alzi e pensi “oggi sarà un giorno nuovo“.
Ho messo i Coldplay. Tutta la discografia. E sono entrata piano nel mio blog. Ho toccato un po’ con mano le cose che avevo lasciato qui. I pensieri. Cose che mi hanno fatto piangere. Cose che mi hanno fatto bene. Cose che mi hanno cambiata. E poi ho aperto la finestra e ho fatto entrare questo profumo di primavera. Anche qui.
Erano mesi che non ci mettevo piede.
In questi mesi ho viaggiato. Ho vissuto. Ho vissuto accanto ad un uomo. Ho cucinato. Lavato. Conosciuto persone nuove. Ho riscoperto vecchie buone abitudini. La famiglia. Ho lavorato. Ho preso porte in faccia. Mi sono rialzata. E sono qui.
Ho preso residenza a Parma.
Vivo, anzi viviamo in un bellissimo bilocale. Con travi in legno. Ma senza balcone.
Però ho le padelle in ceramica. Se questo può contare.
Abbiamo dei progetti che vanno oltre alla cena del sabato sera in pizzeria.
E, se devo essere sincera, mi sento piena. Completa. Non so come spiegarlo.

Le mie amiche sono lontane, ma più vicine di prima.
C’è chi si è sposata e ora ha una bellissima casa. E un bellissimo matrimonio. C’è chi -invece- viaggia. Si viaggia. Perchè la vita non si vive per forza in due. La vita c’è soprattutto per te. E allora si viaggia. Si vive. C’è anche chi ha deciso di fare una cosa meravigliosa. Una gioia. Di nome e di fatto. Una bellissima bambina di nemmeno un mese e che ti guarda con degli occhioni vispissimi. E per lei c’è ancora tutto da fare.
Si tutto da fare.
Come un bellissimo foglio bianco.
Come eravamo noi.
Come eravamo noi, prima di incontrarci, crescere, cadere, rialzarci, viaggiare, innamorarci, piangere, ridere. Insomma prima di tutto quello che ci ha fatte diventare quelle che oggi siamo. E anche se siamo passate dalla frangia alle frisee, dalle zeppe agli anfibi, dalle maglie di ciniglia ai pantaloni a zampa, dai Take That alla house music, dal primo bacio al primo stronzo, dal parchetto sotto casa al bar di paese, dal Black Russian alla Vodka alla Mela Verde, anche se siamo passate dalle cose peggiori dei nostri anni, oggi siamo così.
Testa alta, sorriso sulle labbra e sempre quella gran voglia di respirare aria di primavera.

Sempre una gran voglia di un giorno nuovo.

Basta poco per cambiare

“La gente è strana: si infastidisce sempre per cose banali, e poi dei problemi gravi come il totale spreco della propria esistenza, sembra accorgersene a stento”— C. Bukowski

Che colore ha una giornata uggiosa?
E che sapore ha una vita mal spesa?

Me lo chiedo spesso negli ultimi giorni.

E’ tanto tempo che non scrivo. 6 mesi. Succede.
La vita di prende e ti trascina.
Lo ammetto, tante volte sono stata vicina al voler scrivere… poi le parole sembravano non voler uscire.
E mi mancava. Mi manca.
Qui c’è una parte di me. Una parte importante di me.

L’altro giorno mi stavo auto-distruggendo mentalmente per il lavoro.
Non sono mai stata ambiziosa. O meglio. Non ho mai desiderato essere titolata. Poi, da quando lavoro per questa ‘azienda’, qualcosa dentro di me è cambiato. C’è tutto un fermento intorno. Paroloni come crescita, formazioni, talento, ecc. Persone che fanno. Vanno. Crescono. E io. Io che faccio bene il mio lavoro, mi impegno, mi danno, vorrei far di più, vorrei mettermi alla prova, vorrei che mi fosse data un’opportunità per dimostrare cosa posso fare. E invece niente. Io rimango lì. Perchè è noioso far bene quello che già sai di saper far bene. E’ poco sfidante.
E niente, mentre mi stavo auto-distruggendo, mi sono ricordata le parole della mia collega-in-crescita: “guarda che chi non si accontenta mai, non sarà mai felice”. Prima ho avuto un mancamento nell’udire la parola accontentarsi così vicina alla parola felicità. Ma poi ci ho pensato.

Cosa mi rende felice? Tornare a casa alla sera.
Cosa voglio fare nella vita? Viaggiare.

Si. Voglio viaggiare. Non voglio perdere tempo nel fare strategie per distruggere questo e quello. Preferisco sprecare il mio tempo a cercare posti nuovi da voler vedere. E cercare il modo di partire. Perchè senza titoli, i soldi sono pochi.

Poi ieri mi arriva un messaggio: “ehi è morto il dani”.
Il Dani. Un amico del lago. Quelle amicizie nate per qualche estate passata insieme e poi messe nel cassetto.
Però lui era sempre lì. Era lì perchè qualche anno fa si era ammalato di tumore.
E ha lottato. Lottato veramente tanto.
E con lui hanno lottato i suoi amici. E il Max.
Ci siamo rivisti l’anno scorso ad una sagra di paese.
Solo un ciao. Fugace. Veloce. Ma più intenso di mille parole che avremmo potuto sprecare.
Non in quel momento. No. Perchè era appena tornato a casa. Perchè era tutto finito. E avremmo avuto tante altre occasioni per vederci. Per parlare.

Poi, questa estate, alla stessa sagra, l’ho cercato con lo sguardo. Per 3 sere.
Ma niente. Lui non c’era.

“Max ma il dani come sta?”
“…eh insomma. L’hanno riportato dentro. Devono operarlo ancora. Non vuole nemmeno vederci perchè dice che tanto tra poco torna a casa”

E invece no. Cazzo.
Non è passato nemmeno un mese da quel discorso e lui non c’è più.

E potrei stare qui ore a parlare di quanto è ingiusto tutto questo, ma preferisco lasciarlo all’immaginazione.
Preferisco parlare, invece, di quanto tempo si spreca ad inseguire cose inutili.
A volte ci si ritrova in mezzo ad una folla assurda che corre. E tutti vogliono arrivare. E l’obittivo diventa solo arrivare.
Ma arrivare dove mi chiedo??? Oggi seduta qui, mi chiedo, arrivare dove?

Alla fine dei miei giorni cosa conta essere diventata una super rispettata titolata se per questo ho dovuto trascurare famiglia, amici, viaggi, ecc? Stiamo chiusi in quel grosso cubo blu tutto il giorno a pensare come poter fare per emergere. E intanto là fuori la gente muore, cambia, cresce, si sposta.

Cosa conta alla fine conoscere tutti i trucchi del mestiere per fottere gli altri se non sappiamo nemmeno che colore ha una giornata uggiosa?
Non ci sto più. Io sto con le persone. Decido di vivere e non di arrivare.

Lo dobbiamo fare. Devo farlo.
C’è chi non l’ha avuto questa possibilità.

Ciao Dani.
Mai smettere di lottare. Mai.

Nuotando nell’aria.

Un giorno, all’improvviso, ho smesso di aver qualcosa da dire.
Poi è arrivato il giorno dopo, domani, e ancora nulla da dire. Poi quello dopo. E quello dopo ancora.
Non so come è successo.
Uno che conosco dice che non ho più niente da dire perchè sono felice.
E allora sono felice.

Svegliarsi accanto a qualcuno.
Passare le serate a parlare.
Cucinare per qualcuno.
Fare progetti.
Disegnare con la mente qualcosa.
Sentirsi chiamare.
Incrociare lo sguardo.
Essere complici.
E tutto quello che ne fa parte.

Si sono felice.
Sono rimasta aggrappata alla barca fino all’ultimo secondo. Ma la corrente era così forte che ho deciso di lasciarmi andare. Di buttarmi tra le onde. E via.

E ora non mi resta che nuotare.
E divertirmi.

Se affogo ci sarà qualche bagnino pronto a tirarmi su.
Amen.

Non ci resta che piangere

E passo il tempo a toccare i punti in cui mi manchi.
– Massimo Volume.

Passo l’ultimo giorno di questo 2011 a fare qualcosa che -forse- ho trascurato troppo: riposare.

Potrei passare altri 20 minuti qui a stilare una lista di cose che vorrei fare nell’anno nuovo. Cose banali come smettere di fumare, dimagrire, diventare ordinata, passare più tempo con amici e famiglia. Ma sarebbe tempo sprecato.
E’ molto più semplice comprare un bel diario completamente bianco da riempire giorno dopo giorno.
Più volte ho avuto la conferma che le cose che non ti aspetti sono le migliori.

Allora mi auguro un 2012 così come viene.
Io mi ci butto. E questo mi può bastare per essere felice.